La nostra storia, da Mons Germanus, fino alle Terme di Monte Grimano
La nostra storia, da Mons Germanus, fino alle Terme di Monte Grimano

La nostra storia, da Mons Germanus, fino alle Terme di Monte Grimano

Monte Grimano, oggi piccolo centro turistico termale della Val Conca in provincia di Pesaro e Urbino, posto su un poggio alla sinistra del fiume Conca a 536 m. s.l.m., ebbe una discreta importanza soprattutto nell’alto e basso medioevo.

Testo Del professor Antonio Di Stefano – Tutti i diritti riservati

L’interesse per tale località era dovuto principalmente alla posizione elevata proprio a ridosso della Valle principale e quindi di facile accesso ma insieme di efficace difesa e notevole possibilità di controllo su eventuali invasori.

Presumibilmente già in epoca romana, poi per tutto il Medioevo, la località fu frequentata come “luogo di ristoro” e di vacanza da coloro che abitavano nei paesi lungo la costa o coltivavano la pianura a ridosso del mare, da Cattolica (antica Crustumium ?) a Rimini.

Il primo documento di “Mons Germanus

La medievale denominazione di questo castello del Montefeltro è Mons Germanus. Con tale nome è citato nel Diploma datato da Viterbo 16 agosto 962, con cui l’imperatore Ottone I lo dava in feudo, con altri Castelli del Montefeltro, ad Uldarico di Carpegna per averlo aiutato, nell’assedio di San Leo, a combattere Berengario II, che si era proclamato re del Regno Italico e si era rifugiato in questa inespugnabile fortezza, dopo la caduta di Pavia (961).

Assieme a Monte Grimano, ossia Mons Germanus come viene chiamato nel Diploma di Investitura, furono dati in feudo anche Monte Tassi, San Marino, Pietracuta.

Entrato a far parte del dominio dei Conti di Carpegna, Monte Grimano visse un lungo periodo di relativa stabilità amministrativa e di tranquillità nelle attività agricole e di allevamento.

La prima rocca medioevale

Fu proprio Nolfo da Carpegna, figlio di Uldarico, che vi fece costruire la prima rocca medievale: un consistente edificio all’interno di un ampio spiazzo munito di robuste mura con un’unica porta verso tramontana, circondato da un fossato e dotato di una torre quale strumento di vedetta.

Il perimetro pressoché ellittico delle mura occupava un’area di un paio di ettari, dalla superficie convessa e inclinata leggermente verso nord.

La fortezza era strutturata in un torrione semirotondo prolungato sul lato ovest all’esterno delle mura a scopo prettamente difensivo.

La cisterna per le acque piovane, le stanze per la custodia delle armi nonché il borgo, caratterizzato da grandi edifici situati lungo il perimetro interno (era infatti proibito addossare le costruzioni nella parte esterna delle mura secondo quanto prescriveva la sicurezza militare) ed arricchiti da piccole e limitate feritoie, costituirono gli elementi essenziali di questo primo insediamento con caratteristiche urbane.

Un castellano ed alcuni ufficiali occupavano la parte centrale della rocca, mentre le famiglie, dette “fuochi”, risiedevano nel borgo all’interno delle mura. Poche le abitazioni nelle circostanti campagne.

Nel XII secolo, con l’avvento della corona imperiale di Federico I di Svevia, il Montefeltro passo in feudo al Conte Antonio di Carpegna del ramo di Monte Copiolo, Da allora i signori di Monte Copiolo assunsero il nome più onorifico di Conti del Montefeltro e divennero anche Conti di Urbino e poi Duchi. Il nome Mons Grimanus, da cui deriva l’attuale toponimo “Monte Grimano”, compare per la prima volta nel 1296 in un documento sulla libertà di San Marino firmato da un notaio del luogo, un certo “Ulderisius de Monte Grimano, imperiali auctoritate notarius.”.

In questi anni la primitiva rocca di Monte Grimano aveva subito notevoli trasformazioni tanto da meritare la qualifica di “Castrum Montis Grimani”.

Nel 1358, restaurato il potere dello stato Pontificio per opera del Cardinale Egidio Albornoz, la “Romandiola Feltresca” fu divisa amministrativamente in cinque podesterie e Monte Grimano ne entrò a far parte assieme a Macerata Feltria, Montecerignone, Pennabilli e San Leo. Occorre ricordare che il papa allora era ad Avignone e una delle condizioni per l’auspicato ritorno a Roma era il riordino dell’antico Stato Pontificio.

 Il fatto che Monte Grimano sia nominato insieme ad altre località ben più note, prova, sufficientemente, l’importanza che questo Castello aveva nel basso medioevo.

Il Cardinale Anglic Grimoard de Grisac lo ricordò come un “Castrum Montis Grimani est in quodam Monte, quoad habet Palatium valde forte, ad cuius custodiam moratur unus Castellanus cum sex paghis (…) In quo sunt focularia 85. Villa Meleti in qua sunt Focularia quattuor”, ossia come un castello divenuto ricco e strategicamente forte, con sei guardie di difesa stipendiate,.

Si contavano ben 85 “Fuochi”

Dunque su finire del XIV secolo Monte Grimano non aveva solo una primitiva rocca, ma un palazzo molto forte, ossia una vera e propria fortezza. All’interno del Castello e nelle immediate vicinanze si contavano “85 fuochi” e quattro nella vicina di “Villa Meleti”, un agglomerato, Meleto, ancora esistente.

Se si considera che nei vicini castelli di Montefiore, Saludecio, Montescudo e Gemmano, tutti dislocati più a valle, la popolazione si aggirava poco al di sopra del centinaio di fuochi e che lo stesso Montecerignone, ritenuto dal Medioevo all’Unità d’Italia il più importante centro della zona feltresca nella valle del Conca, ospitava solo 70 fuochi.

Tenendo conto che ogni “fuoco” significava un nucleo familiare che raggruppava nonni, padri, figli, nipoti, altri parenti conviventi e servitori vari, la popolazione di Monte Grimano per quei tempi era proprio significativa. Poteva trattarsi di circa 800/900 persone nel solo castello senza contare le Comunità “soggette” di Monte Tassi e Ripalta. quando ad es.  Ancona ne poteva contare meno di diecimila!

Se poi si accetta l’ipotesi che venivano censiti solo i fuochi soggetti a tassazione per la loro ricchezza, si può supporre che le attività degli abitanti non si limitassero più all’agricoltura, all’allevamento, e alla presenza di alcuni militari e  burocrati, ma che si fossero sviluppate altre attività artigianali, oltre a quelle commerciali.

Nel 1390 la fortezza di Monte Grimano, assieme ad altri 33 castelli della zona feltresca, fu riconosciuta da Papa Bonifacio IX all’antica Casata dei Montefeltro e in particolare ad Antonio, il quale in precedenza aveva già ottenuto le città di Urbino, Cagli e Sant’Angelo in Vado. Monte Grimano per i Montefeltro diventa importante perché il territorio soggetto, sia pure con alterne vicende, ai Malatesta di Rimini comprendeva anche Montescudo, Sassofeltrio e, nelle colline dell’altra sponda del Conca, Pian di Castello e perfino Montealtavelio.

Le battaglie tra i Malatesta e i Montefeltro che distrussero Monte Grimano

Alla fine del XIV secolo e per tutta la metà di quello successivo, si assiste alla trasformazione dell’antico dominio feudale dei Signori di Urbino e di quelli di Rimini in un potere signorile a cui finirono per subordinarsi alcune piccole comunità in cerca di protezione e stabilità contro le pretese egemoniche esterne. Con l’investitura papale, i Montefeltro di Urbino acquisirono un proprio “Stato regionale”, impegnandosi a difenderlo da ogni invasione e affrontando personalmente guerre, allargandolo con successive conquiste e amministrandolo nei periodi di pace.

La presenza in queste terre tra Umbria e Romagna di due potenti casate come i Malatesta e i Montefeltro, rese inevitabile l’insorgere di ripetuti conflitti nei quali Monte Grimano fu spesso parte in causa.

Nell’estate del 1446 infatti, Sigismondo Malatesta cinse d’assedio e occupò Monte Grimano assoggettando la fortezza quasi totalmente distrutta. La stessa sorte era già toccata ai castelli di Montecerignone, Monte Tassi e Valle Sant’Anastasio, Montecopiolo e Pietrarubbia.

Ma già l’anno dopo Federico da Montefeltro riprende tutti i castelli feltreschi della Valconca con l’aiuto della popolazione e specialmente dei Montegrimanesi.

Nei successivi trattati di pace Monte Grimano e Monte Tassi furono cedute al fratello del Malatesta, Signore di Cesena.

Infine, nel 1461 Monte Grimano, e gli altri castelli viciniori, furono definitivamente assegnati dal papa Pio II a Federico da Montefeltro, suo alleato.

Sotto la dinastia di Federico da Montefeltro torna la stabilità

Inizia così un altro lungo periodo di stabilità e operosità sotto la dominazione dei Duchi urbinati, non senza parentesi di episodi militari soprattutto durante l’avventura del Valentino (Cesare Borgia, che nel 1502 occupa in pratica tutto il Montefeltro e lo tiene per parecchi mesi) e in occasione delle lotte per la successione alla scomparsa della linea Maschile dei Montefeltro, le pretese dei Medici e la definitiva assegnazione ai Della Rovere di Senigallia.

Ad ogni modo nel XVI secolo, senza più nemici esterni da temere dalla parte di Rimini e della Romagna, la popolazione di Monte Grimano superava gli 800 abitanti. La vallata lungo il Conca, con vie di comunicazione più comode rispetto a quelle collinari, garantiva un certo flusso commerciale. Centro commerciale del luogo era la “Piazza del Mercato”, oggi Mercatino Conca, ai piedi di Monte Grimano, la cui attività fu concessa a richiesta del Comune dal Duca Guidobaldo I nel 1508.

Monte Grimano era ritenuto un paese di ricchi che disponevano di “fabbricati comodi, vasti ed eleganti”. Ovviamente c’è dell’esagerazione, ma Giovanni Ercolani, letterato del secolo XVI che non risparmia frecciatine ironiche a Monte Tassi, afferma invece:

Est Mons Grimanus pingui tellure beatus Fontibus et quercu, Crustumique fere.”

Insomma questa, secondo lui era una terra fortunata, molto fertile, piena di querce, boschi e ricca delle acque del fiume Crostumio (Conca).

La fine di tutte le lotte avvenne solo dopo il ‘600

Nel secolo successivo, il Seicento, cessarono completamente le continue lotte fra Signorie, anche perché, ad eccezione dello Stato di Urbino retto come s’è dai Della Rovere, tutti i territori circostanti erano rientrati direttamente nello Stato Pontificio (ovviamente esclusa la repubblica di S, Marino).

L’ultimo atto dello Stato di Urbino è la devoluzione del ducato alla S. Sede che avvenne nel 1631

Le cronache di Monte Grimano non registrano più fatti o persone salienti, ad eccezione di qualche passaggio di uomini illustri o di autorità ecclesiastiche.

Il bisogno di fortificazioni, la fortuna di Monte Grimano, come quella di altri centri del Montefeltro annessi all’ampio Stato Pontificio, era già venuta a meno da tempo, almeno fin da quando il duca Federico II di Urbino aveva stretto un patto di alleanza con San Marino che allora aveva la medesima preoccupazione di difendersi dai Riminesi.

Alcuni tetti, pavimenti e volte crollarono a poco a poco altri furono adattati, previa approvazione del Duca di Urbino, ad abitazioni o altre incombenze (ospizio, magazzini, ecc) fino a quando la Rocca scomparve del tutto. Con la Rocca vennero meno il molinetto, il carcere e gli altri edifici secondari; la stessa chiesa fu demolita perché piccola e fatiscente.

Sorte analoga toccò alle mura sulle quali furono costruite case di abitazione, sfruttando oltre all’area, anche i materiali di recupero. Si cominciò a costruire anche fuori le primitive mura, soprattutto perché, a partire dall’ultimo decennio del ‘500 in tutta la fascia appenninica del Montefeltro inizia una grande crisi che risparmia in parte solo la pianura e le prime colline[1]. È qui che si rifugia la popolazione ed è plausibile che Monte Grimano, come centro principale degli agglomerati circostanti, sia un punto di riferimento per l’emigrazione della zona ancor più interna.

Si può così spiegare anche l’attività di una edilizia popolare frutto non di espansione economica, ma di freno alla crisi.

Sta di fatto che tutta l’Italia conosceva in questi anni una crisi economica diffusa per le conseguenze della scoperta dell’America e della decadenza del Mediterraneo a favore dell’area atlantica come centro dei commerci e solo nella seconda metà del ‘600 si riuscì a trovare nuovi assestamenti molto diversi dagli splendori dei secoli precedenti.

In particolare nel Montefeltro si applicano finalmente i principi che Clemente VIII aveva auspicato fin dal 1594 nella sua costituzione “De bono regimine“. Ma è solo nel 1677 che si cominciano a vedere i primi risultati soprattutto per opera del legato pontificio Carlo Barberini che detta le “Regole generali da osservarsi dagli uffiziali de’ luoghi e ministri delle comunità di questa legazione di Urbino per il buon governo della medesima come anco dell’abbondanza de’ grani ed olii e monti di pietà“.

La nuova urbanistica di Monte Grimano dal 1600

Nel XVIII secolo, murata sulla “Porta della Terra” all’ingresso del borgo, si poteva ancora vedere un’insegna in pietra con la sigla di Federico Conte e l’Aquila Imperiale dei Montefeltro, ma già dell’antica rocca si erano perdute le sembianze e Monte Grimano appariva come si vede nella stampa di Francesco Mengucci datata 1626, un agglomerato stretto attorno alla residua torre civica.

Monte Grimano in una stampa di Francesco Mengucci datata 1626

Le mura disegnate dal Mengucci e gran parte dell’abitato, così ben disposto e ordinato, sono anche frutto fantasia, perché le nuove case erano state costruite sopra la primitiva cerchia delle mura, lungo la “Ghirlandaia”, cioè della strada che correva sopra le mura stesse, o immediatamente ai suoi piedi, per cui fin da allora si dovette provvedere in vari tratti a nuovi muri di sostegno e contenimento. Queste muraglie, identificate nei documenti come mura dell’abitato, furono sempre oggetto di restauri e di ordinanze per preservarle da possibili manomissioni e sono quelle che poi furono rinforzate, restaurate e completate nei primi decenni del 1900, agli inizi degli anni del regime fascista e che esistono ancora oggi.

Allora l’abbraccio dell’abitato con la torre era tanto più stretto rispetto ad oggi perché l’attuale vicolo Leopardi giungeva fino a metà dell’attuale piazza Garibaldi e tutto intorno alla torre c’erano dei fabbricati ancora utilizzati, come la “Casa dell’Abbondanza” (vero e proprio magazzino di derrate pubbliche), la casa Giampaoli con alle spalle la piazza minore.

La variazione demografica negli anni

La variazione della popolazione di Monte Grimano lungo gli anni fa intuire, come potrebbero essere andate le cose per quanto riguarda anche l’urbanistica del nucleo storico.

La popolazione che nel 1371 era di fuochi 90 (quindi, come si è detto,  di poco più o poco meno di 800 persone) nel 1501 era registrata in 730 “bocche”, nel 1627 in 827 “anime”, nel 1656 era scesa a 596 e, ancor più nel 1701, a 519 per poi risalire a 591 anime nel 1708, a n. 600 nel 1736, n. 719 nel 1782, con alti e bassi di poche decine di persone fino tornare circa ai valori primitivi agli inizidell’800 con tendenza all’innalzamento fino a raggiungere n. 1.041 abitanti nel 1853. In questo conteggio non è compreso né Monte Tassi, che vide diminuzioni molto più accentuate prima della ripresa ottocentesca, né Montelicciano, che invece per essere più vicino alla costa, rimase relativamente più stabile intorno alle 200 anime per raggiungere il massimo di n. 398 abitanti nel 1853 [2].

Arriva Garibaldi…

In tutti questi anni non vi sono altre testimonianze di avvenimenti significativi fino al 1849 quando i Montegrimanesi furono spettatori della fuga di Garibaldi che dopo la caduta della Repubblica Romana, incalzato dall’esercito austriaco, fu costretto a fermarsi proprio su queste colline. La neutralità della Repubblica di San Marino non gli permetteva di continuare la fuga senza compromettere i rapporti internazionali del piccolo Stato, ma il precipitare della situazione sul campo, dopo il violento scontro tra i fuggiaschi e l’esercito austriaco in prossimità del Monte San Paolo, costrinse Garibaldi nel Luglio 1849 a rompere gli indugi e a dirigersi a San Marino con circa 1500 uomini e 300 cavalli.

La nascita delle Terme

Nel 1889 furono rimesse in efficienza le sorgenti di acque minerali situate a due chilometri dal Centro Storico, in località Bagni di Meleto già note nell’antichità. Non si pensi a grandi e neppure a medi impianti anche se il  22 luglio 1900 fu possibile inaugurare “l’epoca della Bagnatura”. Una Cartolina illustrata del 1936 mostra, senza possibilità di equivoci, solo una capanna, con la scritta “Alcalina”, circondata dal verde: qui dentro era ubicata la sorgente “medicamentosa”.

Ad ogni modo la “riscoperta” delle acque medicamentose – come si diceva allora – segnò la volontà di una nuova fase di vita e  di sviluppo per il paese che si attrezzò con la costruzione di locande (es. l’Albergo “Appennino” all’interno delle mura del paese), posti di ristoro e di intrattenimento.

L’illuminazione a gas acetilene sostituì quella a petrolio e un “servizio perfetto di Messaggeria” unì Monte Grimano a Rimini in sole cinque ore.

            A parte le esagerazioni degli scrittori dei secoli scorsi, la realtà di Monte Grimano, per quel poco che è stata documentata fino ad ora, ci parla un centro del Montefeltro sempre presente nella storia, il cui territorio, almeno a valle, era abitato da qualche nucleo di agricoltori in epoca romana, visto che lo studioso Walter  Monacchi dà testimonianza che proprio sotto il nucleo storico, sia pure a livello di circa 300 m. e non degli oltre 500 del capoluogo, sono state rinvenuti frammenti di mattoni, pietre e coppi insieme a pezzi di ceramica del tardo impero, e tracce di un modesto nucleo rurale ancora ad altitudine più bassa, intorno all’ex  mulino Giovanetti.

Gli statuti del Vicariato di Monte Grimano (promosso nel corso del 1600 in Podesteria) sono tra i più completi tre i tanti del Montefeltro: risalgono al 1500 ma sono stati operanti sia dopo la devoluzione dello Stato di Urbino alla Chiesa fino alla fine del 1700 (una copia  conservata nell’archivio del Comune porta la data del 1641 e un’altra del 1787).

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            Monte Grimano svolse un suo ruolo propulsivo rispetto alle frazioni e alle campagne circostanti anche ai tempi della Repubblica Romana del 1848 e ’49 per la presenza di notai e uomini di legge (tra cui Francesco Massaioli che fu anche podestà) e in tempi Napoleonici.

La Restaurazione non dovette essere poi tanto oppressiva, se tra i cittadini visse un Certo Vico che compare nei verbali del comune come consigliere e figura nell’unica lapide nella Chiesa parrocchiale di S. Silvestro.

Tale chiesa, costruita proprio alla fine del Settecento in stile neoclassico ad opera di Cosimo Morelli di Imola,  rappresenta in un certo senso la definitiva sistemazione urbanistica, ma l’inizio di una serie infinita di piccole trasformazioni che cancellarono definitivamente le vestigia dell’antica rocca, delle prime mura interne, delle misere casupole adattate utilizzando ambienti medioevali.

Testo Del professor Antonio Di Stefano – Tutti i diritti riservati


[1] Cfr. R. Paci: “L’area montana: il caso di Appennino. Ancona 1982

[2] Tali notizie  sono tratte da varie pubblicazioni, tra cui citiamo  il Volume su “N. Berettoni” che contiene un capitolo con notizie storiche del Prof. Girolamo Allegretti, e sempre del medesimo autore in un capitolo del Volume “Il Montefeltro” a cura della comunità montana.

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